Il progetto della Consultoria queer è nato dal bisogno di partire dalla materialità delle nostre vite queer e di provare ad affrontare da questa prospettiva il progressivo smantellamento del welfare pubblico universalista, la generalizzazione della precarietà, la crescente necessità di un reddito sganciato dal lavoro e quindi la necessità di creare reti di attivismo che siano in grado di farsi carico dei nostri bisogni nella crisi.
Non vogliamo che le nostre reti rispondano a una logica di emergenza o di sussidiarità, ovvero che si limitino a “tappare i buchi” del welfare statuale consentendoci, e consentendogli, di tirare a campare; al contrario, vogliamo orientare il nostro agire politico verso la costruzione di relazioni mutualistiche nella lotta e nella resistenza, per reinventare e costruire insieme nuove “istituzioni”.
Il nostro primo riferimento sono “naturalmente” le esperienze di lotta biopolitica espresse sia da Act-up sia dal movimento femminista degli anni Settanta.
In questo senso, oggi ci sembra urgente riattivare, ripensare e produrre discorsi e pratiche sulla salute e la sessualità che ci aiutino a uscire dalla trappola della medicalizzazione; che parlino di salute intesa come benessere sociale e non solo come gestione del normale e del patologico; che siano “contra-sessuali”, ovvero che mettano al centro i corpi e i piaceri, contro il disciplinamento e l’incasellamento dei desideri e delle sessualità.
Ci teniamo a chiarire immediatamente che il nostro desiderio non è quello di aprire un nuovo sportello o un nuovo ambulatorio, ma che piuttosto sentiamo il bisogno di creare uno spazio politico che abbia alcune caratteristiche fondamentali.
Il progetto di una consultoria autogestita per donne, lesbiche, trans, queer, inters*x, infatti, è il progetto di una “stanza tutta per noi” ma anche, contemporaneamente, di uno spazio aperto che metta al centro la “buona vita” intesa come libera espressione di sé, della propria identità, attraverso una sessualità consapevole: un luogo che promuova l’incontro, l’autodeterminazione e l’autorganizzazione tra soggettività incarnate, dove non esistono utenti ed erogatori di “servizi”, ma soggettività autonome e desideranti.
Dunque, in quale senso la consultoria sarà queer? Innanzitutto, perché pur riconoscendo la singolarità di ognuno e ognuna, e dunque prevedendo anche la possibilità di creare momenti e spazi separati per la condivisione di esperienze specifiche, cercherà principalmente di lavorare alla tessitura di un confronto collettivo fra le differenti esperienze, a partire dalla consapevolezza che lo spezzettamento in “identità” è esso stesso parte dei processi neoliberali di disciplinamento, normalizzazione e controllo delle sessualità.