Grindr ci mette al lavoro: autoinchiesta sul frocietariato delle app

Appuntamento GIOVEDì 12 APRILE ore 20.30 al CENTRO DELLE DONNE
(PAURA EH…) in Via del Piombo 7
Grindr pagaci tutto!
E’ di qualche giorno fa la notizia che la popolare app di incontri gay Grindr ha rivelato o venduto dati sensibili dei propri utenti a compagnie terze che investono sulla lavorazione e ricompilazione di informazioni personali. La violazione della privacy degli utenti è solo una parte del problema. Questi dati infatti diventano oggetto di vendita e commercio per aziende che li elaborano, ricombinano e rivendono ad altre aziende interessate a creare una comunicazione su misura per il singolo utente (per pubblicità, campagne elettorali, comunicazione di vario genere).

Ha fatto giustamente scalpore il fatto che fra le informazioni personali divulgate da Grindr ci fosse anche lo stato sierologico dei suoi utenti. Oltre alla grave violazione della privacy che questo costituisce, riflettendo su quella micro-targetizzazione degli utenti che l’abuso nell’utilizzazione dei dati produce, possiamo intravedere dietro a questa operazione un legame con la finanziarizzazione della salute, con lo smantellamento del welfare sanitario, con il tentativo di fare delle persone sieropositive una nicchia di mercato.
Lo stesso si può dire se prendiamo in considerazione le altre informazioni personali cedute a terzi da Grindr: il peso corporeo e l’età degli utenti. Proprio due dei fattori che stabiliscono il nostro valore sul mercato sessuale delle app.
Proprio quelle cose per cui siamo forse disposti a spendere e consumare, ad investire risorse economiche e di tempo per aumentare il nostro valore “competitivo” su quello stesso mercato. Proprio quei fattori sui quali è imperniata gran parte della comunicazione mirata a cui veniamo poi esposti.

Non siamo una nicchia di mercato e non vogliamo diventare l’obiettivo di una comunicazione che ci rende solo più compatibili con le logiche di produzione e consumo neoliberiste, più inclini a conformarci agli standard di una “cultura gay” mainstream che invece è proprio quella che vogliamo cambiare radicalmente. La nostra frocianza non si basa sul consumo degli stessi beni e sull’omologazione dei nostri corpi e dei nostri desideri. 

Se le nostre scopate diventano lavoro sessuale per le app di rimorchio, se diventiamo un nuovo frocietariato del capitalismo digitale, vogliamo essere pagat*! 
Vogliamo 50 euro per ogni rimorchio che ci facciamo. 
Saremo noi a stabilire il prezzo di ogni forma di lavoro che facciamo per e sulle app: lavoro di manutenzione e cura del nostro corpo secondo i canoni supernormativi della cultura gay mainstream, lavoro di performance di un maschile al limite dell’omofobia interiorizzata (mxm, straight-acting, essere veri maschi). 
Manderemo a Grindr il conto di palestra e anabolizzanti per rientrare nei canoni estetici; per le nuove foto profilo in cui apparire come dei modelli di abercrombie; il costo di subire la violenza transfobica (“cosa significa trans ftm?”, “mi piacerebbe provare a scopare con un trans”, “ma quindi hai una vagina?”); il conto di esami e controlli medici, il conto dello psicologo da cui siamo andate perché ci sentiamo sempre troppo vecchie, o troppo grasse o troppo magre, o troppo pelose o troppo glabre, comunque in difetto…
Quelle fra noi che utilizzano Grindr anche come ambito dove svolgere “vero” lavoro sessuale si trovano ad essere ostacolate in mille modi dai regolamenti della app e dalle paranoie securitarie che ormai interessano anche gli ambienti digitali. Grindr ci  mette tutte al lavoro, mette a valore la nostra sessualità ma ci impedisce di venderci liberamente nelle forme che scegliamo, o rende sempre più difficile gestire il proprio lavoro sessuale sulla app.
Non vogliamo più regalare in ogni singolo momento della nostra connessione i nostri dati, i nostri desideri, le nostre fantasie a Grindr, che poi ce li rivende, rendendoci oggetto di una comunicazione mirata che va a rafforzare proprio quell’immaginario normativo che tutt* subiamo e che vogliamo combattere. Vogliamo elaborare insieme pratiche online e offline che vadano ad invertire il circuito di valorizzazione della nostra frocianza e produrre, anche nello spazio digitale, interferenze che potenzino le nostre pratiche politiche transfemministe transfrocie, che sostengano il nostro tentativo di innovare gli immaginari e produrre altre forme di soggettivazione.
 
CI VEDIAMO GIOVEDì 12 APRILE AL CENTRO DELLE DONNE (PAURA EH…) PER ELABORARE INSIEME PRATICHE DI FAVOLOSA SOVVERSIONE DELLA VALORIZZAZIONE DELLA FROCIANZA NEI NOSTRI LUOGHI DI SOCIALITA’ ONLINE E OFFLINE, E DI SCIOPERO DAI MODI IN CUI CI SENTIAMO MESSE AL LAVORO DALLE APP.
 
FROCIETARIE e FROCHATTARE DI TUTTO IL WEB UNIAMOCI!